mercoledì 1 aprile 2015

Un ricordo

La prima volta che ho sentito parlare di loro avevo sei anni. Ricordo che all’ultimo banco, in fondo all’aula, si sedeva Massimino. Aveva la carnagione scura, gli occhi vispi e occupava con naturalezza il posto riservato a chi non apparteneva alla borghesia cittadina. La maestra, infatti, consapevolmente aveva riprodotto le divisioni sociali che poi, da grandi, avremmo ritrovato nella vita. In prima fila, sedevano i figli di papà, poi, via via, noi che eravamo il resto dell’umanità. Quelli in ultima fila non esistevano. Eppure, c’era qualcosa in loro che mi attirava. Nel caso di Massimino, era la merenda: una pagnottella ripiena di Nutella. Il massimo della trasgressione. Noi, i convenzionali, ci portavamo un panino con il solito affettato. Se è vero che degli ultimi è il regno dei cieli, allora, tra i vantaggi del Paradiso ci deve essere pure la cioccolata alle nocciole. Questo era quello che pensavo guardando il mio compagno di scuola mangiare con gusto la sua merenda. Un giorno, ricordo che entrò in classe una signora dall’espressione molto seria, probabilmente la metà del suo stipendio era destinato all’acquisto di fondotinta Max Factor e rutilanti rossetti. Era alta e bionda. Aveva un camice bianco. Dopo aver parlato a voce bassa con la maestra, era uscita con la stessa espressione di superbia e indifferenza con cui aveva fatto il suo ingresso. Finalmente il mistero venne svelato. L’amazzone era il medico della scuola e ci doveva visitare tutti. Noi capivamo pochissimo di quello che stava succedendo. L’unico che sorrideva era Massimino. La maestra continuava a dire che era una specie di epidemia. “Quando a scuola viene certa gente, questo è quello che succede!” Furono convocati i genitori di tutti i bambini e a loro venne comunicata la tremenda verità:”pidocchi”. Era la prima volta in vita mia che sentivo quella parola. Se si fosse trattato di soldatini, avrei capito. Di quelli mi intendevo. I pidocchi, invece, non sapevo cosa fossero. “Ci gratta la testa perché abbiamo i pidocchi”, mi spiegò la mia compagna di banco. Ricordo che il pomeriggio stesso venni portato dal farmacista, un vecchio che sapeva molte cose. Mi guardò come se fossi stato un animale raro e dopo qualche secondo emise la sua sentenza:”Momsen”. Dopo aver fatto ritorno a casa, venni portato in bagno e la mia testa venne cosparsa di una polverina verde. I miei dissero che il giorno dopo sarei dovuto rimanere a casa, “per aspettare l’effetto”. “Domani sera bisogna lavargli i capelli con lo shampoo della farmacia.” Il giorno dopo, libero dal peso della scuola, giocai tutta la mattina con Bibì, il mio barboncino, e i soldatini. Nella mia mente di bambino, non riuscivo ad odiarli, i pidocchi. Erano stati loro a regalarmi quella breve vacanza. Una volta ritornato alla monotonia della scuola, trovai la maestra in preda allo sconforto più totale. Non riusciva a capire come mai fossero stati infettati anche i nobili. Le bestiacce non avevano risparmiato nemmeno loro, le teste coronate. Non esisteva più l’educazione! Fu allora che tutto mi fu chiaro. Il compagno che mangiava ogni giorno pane e cioccolata, sapeva… Sapeva che i pidocchi se ne fregano delle classi sociali, sono anarchici e vanno dove gli pare. Le bestione avrebbero impartito una lezione di uguaglianza forzata che difficilmente avremmo dimenticato. Per quanto mi riguarda, se esteriormente dovevo dimostrare tutto il mio ribrezzo verso quegli esseri sporchi, segretamente ho sempre conservato un senso di gratitudine verso di loro, per avermi donato un giorno di libertà. Per anni, questa storia è rimasta sepolta dentro di me. Poi, un giorno che mi trovavo dal mio barbiere, ho ascoltato il racconto di un fatto accaduto tanti anni fa, quando la miseria era per molti una compagna quotidiana (più o meno come oggi). C’era un uomo con la testa come un’anguria e con un solo capello. Su questa sfera liscia abitava un pidocchio che individuato dal barbiere correva come un forsennato, probabilmente perché non era d’accordo sul fatto di essere accoppato. Fu allora che mi venne in mente quell’episodio della mia infanzia. I pidocchi sono sempre stati emarginati rispetto ad altri animali. Pensiamo alle pulci e alla dignità cinematografica che hanno avuto. Pensiamo alla celebre esibizione delle pulci volanti del clown Calvero, in Luci della ribalta. Il domatore di pulci, Charlie Chaplin, rimarrà per sempre. Nessuno, però, riflette sul fatto che i pidocchi, per tanto tempo, hanno dimostrato ai bambini che tutti gli uomini sono uguali. E qualche volta, sono riusciti a dirlo servendosi del sapore dolce e intenso della crema alle nocciole. Gennaro Domestico