venerdì 24 maggio 2019

Il Paese prima di tutto.

Le foto in bianco e nero presentano una forte suggestione, ma hanno anche un grave difetto. Non si capisce mai con certezza se ci sia il sole o il cielo sia plumbeo. Com’era il tempo il 9 maggio 1978 a Roma? Di quel giorno, molti di noi conservano un’immagine triste, grottesca. La posa innaturale del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, con la testa reclinata da un lato, è un corpo da cui la vita se n’è andata. Prima c’erano state le lettere dal carcere brigatista, con la radicale e drammatica presa di distanza del professore rispetto al partito di cui era stato così a lungo dirigente. Il 7 giugno 1984, invece, faceva caldo. Padova era piena di comunisti, era la conclusione della campagna elettorale per le Europee. Enrico Berlinguer, stremato, cercava di concludere il suo comizio, mentre la folla gli gridava “basta!”. I comunisti avevano capito che il capo stava male. Il segretario del Pci morirà qualche giorno più tardi.
Dopo la morte di Moro, è successo un fatto di cui esiste un’esigua traccia, affidata alla memoria di un uomo ormai vecchio, Massimo Magliaro, che di mestiere faceva il capo ufficio stampa del MSI. Si tratta degli incontri riservati, quattro, forse sei, che Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante ebbero tra il 1978 e il 1979. Di queste cose parla un bel libro, uscito di recente, scritto da Antonio Padellaro, “Il gesto di Almirante e Berlinguer”, per PaperFIRST. Sullo sfondo, e neanche troppo sullo sfondo, c’è il terrorismo, quello rosso e quello nero, e ci sono due uomini, due nemici. Da una parte c’è la lotta di liberazione e dall’altra c’è la Repubblica di Salò. Due persone più distanti non sarebbe stato possibile trovare. Eppure si incontrarono, si parlarono, probabilmente mutarono anche l’idea che l’uno aveva dell’altro. Forse impararono a stimarsi. Gli incontri avvenivano di venerdì pomeriggio, in una sala riservata di Montecitorio. Alla fine della settimana, infatti, la Camera era quasi deserta, i deputati ritornavano a casa e nei corridoi c’era poca gente. Ad accompagnare Almirante e Berlinguer vi erano soltanto due persone, Massimo Magliaro e Antonio Tatò. Non sappiamo l’argomento dei colloqui, perché A. e B., come li chiama Padellaro, ad un certo punto si appartavano e rimanevano soli. Forse si scambiavano notizie utili per fronteggiare l’ondata di violenza che da destra e da sinistra stava affogando l’Italia. Più che le parole, però, contano i gesti: l’incontro di due culture distanti, la volontà di porre gli interessi del Paese prima di ogni altra cosa. L’aspirazione comune che l’Italia meritasse di più.

Quando Enrico Berlinguer morì, la camera ardente venne allestita a Roma alle Botteghe Oscure. Tantissime persone si recarono a dare l’ultimo saluto a quello che, senza dubbio, rimane l’ultimo leader che il Pci abbia avuto. Tra le persone normali in fila, ad un certo punto ne comparve una che nessuno avrebbe mai immaginato potesse trovarsi lì. Un tipo calvo, con gli occhi azzurri. Tra lo stupore generale, Giorgio Almirante sostò davanti alla bara e si fece il segno della croce. L’erede di Salò rendeva l’ultimo omaggio al comunista, per niente amato dai comunisti sovietici. Sono passati trentacinque anni da allora, oggi i gesti hanno perso di importanza a favore della chiacchiera. L’unica costante rimane la corruzione dilagante, quel male contro cui una classe dirigente degna di questo nome aveva cercato di combattere. Quella battaglia, purtroppo, Berlinguer l’ha persa. Quel senso del bene comune, malgrado tutto e tutti, di cui Almirante e Berlinguer diedero testimonianza, è compromesso dal chiacchiericcio degli incapaci. Ciononostante sarebbe necessario mantenerne la memoria. E qui si inserisce la felice proposta di Padellaro, uno di sinistra, subito accolta da Pietrangelo Buttafuoco, uno di destra. Perché non intitolare una piazza a Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer? Sarebbe un fatto importante per ricordare a tutti, ed in special modo alle nuove generazioni (come si suol dire), che l’Italia ha avuto dei politici che, pur con visioni diverse, l’hanno amata più delle loro poltrone.

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